Francesco Rapaccioni: In locandina allo Sferisterio Opera Festival leggiamo “movimenti coreografici”: in che cosa si concretizzano?
Roberto Maria Pizzuto: i movimenti coreografici vanno oltre le normali coreografie, che rispettano il movimento di un ballerino nel contesto di altri ballerini che hanno una collocazione precisa nell'opera e nel balletto. Con movimenti coreografici intendiamo una cura che inizia con l'apertura del sipario e prosegue per tutta l'opera: ad esempio come si spostano gli attrezzi di scena, come un movimento deve essere fatto dai cantanti, dai mimi, dai figuranti. Lo scopo è dare una regola a tutto questo, un ordine, una forma coreografica pulita e precisa secondo le intenzioni registiche. Un altro esempio può essere come deve cadere a terra un cantante, dare quindi suggerimenti, indicare pose e movimenti perchè si concretizzi quello che il regista ha in mente nella maniera più facile per il cantante o il corista o il figurante. O ancora come deve spostarsi in palcoscenico il coro, come viene gestito nei suoi movimenti. Insomma un lavoro a 360 gradi.
FRA: quindi un lavoro difficile, capillare..
RMP: sì, perchè ti trovi a lavorare con persone che arrivano da esperienze e mestieri diversi e che devono cercare di avere un'idea di quello che sta succedendo (ciò soprattutto per le comparse). Io devo trovare la chiave per far capire loro quello che vuole il regista in modo che essi lo traducano in qualcosa di comprensibile per il pubblico. Io devo rispettare il più possibile l'idea registica, credo che questa sia la parte più difficile ma anche la più interessante del mio lavoro. Ti rendi conto che hai forse creato dal niente una situazione, da piccoli movimenti messi insieme ottieni una cosa forte, di impatto, seppure non immediata per il pubblico come i virtuosismi dei ballerini. Per i cantanti il discorso è diverso, alcuni a volte hanno difficoltà a “mettersi in gioco”, sono più restii e io devo trovare l'approccio giusto. Sono un “tramite” sia tra il palcoscenico e il dietro le quinte che tra il palcoscenico e il pubblico.
FRA: come si lavora durante un festival piuttosto che alla preparazione di una singola opera lirica?
RMP: la diversità c'è, perchè a Macerata lavori in un mese a tre produzioni, ogni giorno sei concentrato in tre progetti e tutto deve accadere velocemente, come a livello telematico, hai pochi giorni per fare tutto e devi avere una mente aperta ai suggerimenti per tradurre un'idea immediatamente, non puoi riflettere, maturare. Il personale è impegnato in più opere e io devo fare un patchwork di tempo cercando di non stressare le persone che lavorano ma al tempo stesso ottimizzare al massimo i tempi. In più qui sei all'aperto ed hai i tempi di prova ristretti. Ma questo è anche una sfida, uno stimolo maggiore.
FRA: in cartellone quest'anno “Un ballo in maschera”, “Rigoletto” e “Così fan tutte”; qual è stata l'opera più faticosa da preparare?
RMP: certamente non “Così fan tutte”, perchè era una ripresa, quindi si doveva ridare valore a quello che era stato creato per Ancona. La difficoltà di Rigoletto era nel gestire una grande massa anche di non professionisti che però hanno sempre avuto voglia di fare (ho distribuito loro immagini di quadri per dare l'idea, studiando a casa, su come prendere la posizione). Invece Ballo in maschera era diverso, un lavoro concentrato nello spostare l'attrezzeria, curare la perfezione dei cambi di scena, mentre il piccolo intermezzo ballato era facile perchè avevo ballerini professionisti. E io trovo sempre più stimolanti le cose più difficili.
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